Insultare su Facebook è diffamazione aggravata. Paola Ferrari esulta.

Insultare qualcuno sulla bacheca di Facebook può costare caro: fino a tre anni di reclusione.

Una sentenza emessa recentemente dal Tribunale di Livorno equipara infatti un post sui social network a una qualsiasi pubblicazione su un giornale.

Tutto nasce da una controversia tra una donna di 27 anni e il suo ex datore di lavoro. Dopo essere stata licenziata la donna aveva scritto sulla propria bacheca alcuni messaggi offensivi contro l'ex capo e l'azienda, un centro estetico. Messaggi ritenuti diffamatori dal giudice.

Diffamazione aggravata però: i social network vengono equiparati alla stampa tradizionale. Secondo la sentenza Facebook, Twitter e soci hanno una "diffusione incontrollata".

Questa sentenza di Livorno commenta Paola Ferrari (la quale in una nota RAI si definisce contentissima) è «una grandissima vittoria contro gli insulti e la maleducazione che stanno invadendo i social network e ledono la privacy».

«Da tempo - come riporta anche Il Tirreno la conduttrice RAI ricorda come - sto portando avanti la mia battaglia contro i social network ed in particolare Twitter, essendo stata lungamente bersagliata sul web da epiteti anonimi e offensivi nel corso di tutta la conduzione della trasmissione Stadio Europà».
 «Il tribunale di Livorno conferma che il libero pensiero non deve essere diffamatorio nei confronti degli altri»,

In sostanza il carattere pubblico dello spazio virtuale, unito al numero potenzialmente indeterminato di partecipanti alla diffusione del pensiero, rende l'offesa sui social network equiparabile a quella a mezzo stampa.

Riconosciuto il reato di diffamazione aggravata, il giudice di Livorno ha condannata la ragazza a una multa di mille euro.
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